I dipendenti al primo posto: fin dall’inizio dell’emergenza, sono state adottate le necessarie misure igieniche per garantire la salute dei lavoratori. Poi i clienti, ai quali è stata assicurata la continuità delle attività. Così, il servizio è stato erogato nonostante il Coronavirus. Le parole d’ordine? Sicurezza e flessibilità. Per uscire più forti di prima da un momento difficile.
Fabio Principe, 52 anni, nato in provincia di Caserta, vive a Roma dal 1992, laurea in Economia e commercio all’Università La Sapienza, è responsabile della compliance (autodeterminazione normativa) per tutti i siti di Bucap SpA a livello nazionale. La sua mission è garantire il completo rispetto di tutte le normative cogenti e volontarie in tema di qualità nell’erogazione dei servizi, di tutela dell’ambiente, di rispetto della privacy per quanto concerne il trattamento dei dati, per l’adozione di un codice etico e di un modello organizzativo e infine per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro.
Domande:
- Dottor Principe, cosa è la Bucap SpA?
- I vostri clienti chi sono?
- Che tipo di documenti trattate?
- Si tratta di archivi fisici o immateriali?
- Dove sono distribuiti i vostri magazzini, nell’area che circonda Roma?
- Come state affrontando la crisi del Coronavirus?
- Avete pensato di chiudere per il periodo necessario?
- Perché le mascherine sono irreperibili?
- Quali sono le regole di sicurezza adottate?
- Ci parli in particolare degli archivi fianesi.
- Perché avete scelto questa zona?
- Come scegliete il personale?
- Dall’inizio dell’emergenza, avete riscontrato una flessione nelle commesse e nelle entrate?
- Confidate nella solidità delle banche?
- Cosa prevede per l’immediato futuro?
- L’articolo integrale in PDF
Dottor Principe, cosa è la Bucap SpA?
Siamo nati nei primi anni ’80 come società di logistica, ma abbiamo subito ampliato i servizi alia gestione degli archivi dei documenti dei nostri clienti nei nostri siti.
I vostri clienti chi sono?
I nostri clienti, in questa fase, corrispondono in gran parte a tutte quelle realtà che non sono state oggetto di chiusura con l’emanazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 marzo. Infatti, il decreto ha cessato tutte le attività commerciali tranne il settore bancario, l’assicurativo, gli uffici pubblici e le aziende che operano nel settore sanitario, che corrispondono esattamente al nostro target. Così facendo, il decreto in qualche modo ci ha imposto di rimanere aperti, proprio per garantire la continuità nell’erogazione dei servizi al momento considerati tra quelli essenziali. I nostri clienti sono in prevalenza privati, ma ne abbiamo anche del settore pubblico, come i Ministeri e le Asl. Se Bucap chiudesse, gran parte dei nostri clienti non potrebbero erogare i propri servizi, poiché non potrebbero accedere ad esempio a polizze o cartelle cliniche, che noi rendiamo consultabili online attraverso il nostro portale e attraverso un’infrastruttura protetta e sicura.
Che tipo di documenti trattate?
Lavoriamo per esempio molte tipologie di documenti per le banche come i mutui o buste di cassa e offriamo ai nostri clienti servizi di back office. Per i clienti del settore assicurativo lavoriamo le polizze del ramo vita e gli infortuni, per quelli del settore sanitario, come le Asl, abbiamo cartelle sanitarie e lastre radiografiche. Il fulcro del nostro lavoro è aiutare i nostri clienti nella razionalizzazione degli spazi da loro gestiti.
Si tratta di archivi fisici o immateriali?
Noi gestiamo sia archivi fisici, sia archivi digitali. Il nostro valore aggiunto sta nel coprire l’intero ciclo di vita del documento, dal momento della creazione, fino all’eventuale scarto. I documenti arrivano nei nostri archivi per la conservazione ed eventualmente per la consultazione. Per i nostri clienti siamo una sorta di cloud all’interno di un’infrastruttura di rete di proprietà, certificata ISO 27001 per garantire la riservatezza, la disponibilità e l’integrità di tutte le informazioni. Abbiamo un piano di Business Continuity e di Disaster Recovery che ci consente di garantire la continuità del servizio al cliente, anche in caso di disastri.
Dove sono distribuiti i vostri magazzini, nell’area che circonda Roma?
Nella provincia nord-est di Roma noi abbiamo cinque insediamenti, tre nella zona industriale di Fiano Romano, due in quella di Monterotondo, ma uno dei nostri magazzini più importanti è a Piacenza, proprio nell’epicentro delle zone da cui è partito il Covid-19, poi un altro a Verona e due a Milano. Quindi in tutto abbiamo nove siti.
Come state affrontando la crisi del Coronavirus?
Abbiamo focalizzato la nostra attenzione sulla problematica dal 20 febbraio, quando abbiamo iniziato ad affrontare l’emergenza, contattando tutti i responsabili di area. Inizialmente il problema era limitato a Codogno e Provincia di Lodi ma, poiché noi siamo distribuiti su tutto il territorio nazionale, eravamo già allertati per il sito di Piacenza. Ci siamo subito attivati facendo i primi controlli interni sul personale residente in quei paesi e su coloro che avrebbero potuto essere entrati in contatto con altre persone residenti nelle zone a rischio. Li abbiamo invitati a comunicarci immediatamente il loro coinvolgimento ma, per fortuna, abbiamo soltanto adottato delle misure di quarantena cautelativa, senza riscontrare nessun caso di positività accertata. Se fossero emersi contagi tra gli addetti del sito di Piacenza, sarebbe stato un problema enorme, poiché quel sito è quasi interamente dedicato ad un nostro grande cliente. Il primo obiettivo è stato la salute dei nostri lavoratori, il secondo la salvaguardia del nostro lavoro, per poter sopravvivere come azienda.
Avete pensato di chiudere per il periodo necessario?
Ci siamo posti davanti all’opzione della chiusura, anche la proprietà sarebbe stata d’accordo, ma avremmo compromesso tutti i livelli di servizio previsti dai nostri contratti, quindi avremmo chiuso con il rischio di non poter riaprire più, a causa delle penali che avremmo dovuto pagare venendo meno ai nostri obblighi contrattuali. Se i clienti non chiudono, neanche noi possiamo farlo. Abbiamo quasi anticipato le misure dettate dal Governo, infatti abbiamo adottato subito gel igienizzante per le mani dislocato su diversi distributori, consegnato guanti in quantità industriale ma, soprattutto, avendo spazi molto grandi a disposizione, abbiamo richiesto il rispetto di distanze rigorose tra i lavoratori, affinché non avessimo l’obbligo del1’uso delle mascherine, che da subito sono introvabili.
Perché le mascherine sono irreperibili?
Io mi sono occupato degli approvvigionamenti di questi materiali, che hanno subito un’impennata dei prezzi che ci ha messo in seria difficoltà. Abbiamo provato in tutti i modi a reperire le mascherine, versando anche anticipi ai fornitori che ce le avevano promesse, ma poi queste sono state bloccate alle dogane dai governi dei paesi esportatori, oppure dalle autorità nazionali che hanno cancellato gli ordini dei privati per dirottarli verso la Protezione Civile, che era incaricata di distribuirle a coloro che lottano in prima linea contro il virus. Quindi, nonostante ne avessimo ordinate migliaia, siamo rimasti con poche centinaia, che abbiamo dovuto usare per le figure più esposte al rischio, come i nostri fattorini che si recano quotidianamente presso i nostri clienti.
Quali sono le regole di sicurezza adottate?
Internamente ci siamo imposti regole ferree: adottiamo almeno due metri di distanza tra un dipendente e l’altro. Lo stesso protocollo governativo prevcede che chi non riesce a garantire le distanze deve adottare la mascherina, oppure chiudere. Noi, fin da subito, abbiamo adottato misure rafforzative del protocollo, grazie agli spazi a disposizione. I lavoratori si sentono quasi più sicuri in un ambiente di lavoro controllato come il nostro piuttosto che al supermercato, dove le persone vanno quotidianamente. Inoltre usiamo prodotti sanificanti, che si sommano all’intervento della ditta che effettua le pulizie quotidianamente, e che ognuno di noi ha a disposizione per disinfettare la propria postazione, a fine turno.
Ci parli in particolare degli archivi fianesi.
Nella zona industriale di Fiano abbiamo tre siti e presto saranno quattro. Ne stiamo costruendo un altro che dovrebbe essere operativo nel giro di qualche mese. A Fiano siamo arrivati nel 2001, circa, in via Tiberina, per poi costruire altri due stabilimenti in via Cavallini e in via Fontanella del Solco tra il 2009 e il 2011.
Perché avete scelto questa zona?
Non potendo più costruire accanto alle nostre prime sedi di Monterotondo, siamo arrivati nella zona disponibile più vicina, approfittando anche della presenza dei due caselli autostradali di Fiano Romano e Castelnuovo di Porto, che ci agevolano nei trasporti per raggiungere Roma, ma anche Piacenza e Milano. Abbiamo anche una nostra forza di trasporti consistente, che utilizziamo per ritiri e consegne da effettuare nel Lazio. Il resto del territorio è coperto dalla rete dei corrieri nazionali, con alcuni dei quali cui abbiamo creato una partnership di servizio.
Come scegliete il personale?
Abbiamo sempre cercato di privilegiare coloro che pro-vengono dalle zone limitrofe ai nostri insediamenti. La maggior parte dei contratti sono a tempo indeterminato ma, quando occorre, utilizziamo anche forme di contratto flessibile e a tempo, in base alle nostre esigenze di mercato del momento.
Dall’inizio dell’emergenza, avete riscontrato una flessione nelle commesse e nelle entrate?
Grazie alle misure adottate, nelle ultime tre settimane nulla è cambiato rispetto alla continuità dei servizi, anche se forse stiamo lavorando ad un ritmo un po’ più lento del solito. Non stiamo riscontrando problemi con il personale e non dovremmo riscontrare problemi di tipo finanziario rispetto all’incasso delle fatture dei nostri clienti. Certo è che, se loro iniziassero ad avere problemi nei pagamenti, potremmo avere anche noi delle difficoltà, ma per ora non si è verificato questo caso. Per il momento, ce la stiamo mettendo tutta e lottiamo su tutti i fronti per evitare ogni conseguenza negativa di questa emergenza.
Confidate nella solidità delle banche?
Personalmente, non ho motivo di dubitarne. Di recente ho seguito anche una trasmissione in cui si sosteneva che le banche oggi sono molto più forti e si sono riorganizzate, in seguito alle crisi degli ultimi anni, quando è dovuto intervenire anche il Governo. Forse le strutture pubbliche sono quelle che potrebbero avere più problemi, se non altro per il tipo di organizzazione burocratica da cui sono caratterizzate, e anche i clienti più piccoli potrebbero andare in difficoltà. Tra l’altro, banche e assicurazioni dovrebbero avere la possibilità di ricorrere ai fondi-rischio per affrontare problematiche simili a quelle che stiamo vivendo.
Cosa prevede per l’immediato futuro?
Spero, e questo è un augurio che faccio da privato cittadino, che la prudenza adottata dal Governo possa risultare idonea e sufficiente per uscire da questa emergenza, senza che si allunghino ulteriormente i tempi di ripresa, senza creare una maggiore sofferenza dal punto di vista epidemiologico e finanziario, che si sarebbe magari ovviata con un intervento tempestivo e più drastico. Credo, personalmente, che l’attendismo del Governo nel limitare le libertà individuali non abbia fatto arrivare un messaggio unico e forte a tutti. Ad oggi sono presenti, su tutto il territorio, comportamenti troppo disomogenei che stanno complicando ancor di più la situazione; mi auguro che il Governo prenda presto decisioni forti, per il bene di tutti.
L’articolo integrale in PDF
L’intervista, firmata da Annamaria Iantaffi, è stata pubblicata martedì 24 marzo 2020 sul Tiburno.