Tutto quel che riguarda la salute deve essere adeguatamente protetto, specialmente quando si parla di informazioni personali. Una protezione già prevista dalla normativa, che indica alle strutture sanitarie cosa devono fare e come.
La conservazione dei documenti è un’attiva, anzi un obbligo che riguarda un po’ tutti gli ambiti e la sanità non fa certamente eccezione. In particolare, la conservazione delle cartelle cliniche deve seguire delle precise regole sia per il tempo sia per le modalità di conservazione.
Temi:
- Per quanto tempo: cosa dice la normativa
- Come conservare le cartelle cliniche
- A chi rivolgersi: la conservazione in outsourcing
Per quanto tempo: cosa dice la normativa
Il riferimento normativo più importante per la conservazione delle cartelle cliniche è senz’ombra di dubbio la circolare del Ministero della sanità del 19 dicembre 1986 n. 900. La quale stabilisce non soltanto i tempi di conservazione delle cartelle cliniche ma anche quelle di altri importanti documenti sempre dell’ambito sanitario.
Tempo di conservazione delle cartelle cliniche
Le cartelle cliniche, unitamente ai relativi referti, vanno conservate illimitatamente, poiché rappresentano un atto ufficiale indispensabile a garantire la certezza del diritto, oltre a costituire preziosa fonte documentaria per le ricerche di carattere storico-sanitario.
Quindi, stando a quanto stabilisce la normativa, le cartelle cliniche rappresentano una tipologia documentale molto particolare in quanto devono essere conservate per sempre.
Conservazione delle radiografie
In merito alla conservazione, presso l’archivio delle istituzioni sanitarie, delle radiografie, non rivestendo esse il carattere di atti ufficiali, si ritiene che potrà essere sufficiente un periodo di venti anni. Tale indicazione si riferisce al periodo minimo di conservazione più lungo.
Le radiografie devono perciò essere conservate per vent’anni.
Conservazione della documentazione diagnostica in generale
In analogia a quanto stabilito per le radiografie, si ritiene che la restante documentazione diagnostica possa essere assoggettata allo stesso periodo di conservazione di venti anni previsto per le radiografie stesse, finché non intervengano eventuali ulteriori disposizioni a modificare il limite predetto.
In conclusione, tutta la restante documentazione diagnostica deve, indipendentemente dalla specifica tipologia, essere conservata per un periodo minimo di vent’anni, a meno che non sia documentazione che confluisce in una cartella clinica, in tal caso il tempo di scarto diventa illimitato.
Come conservare le cartelle cliniche
La conservazione dei documenti sanitari, come si è visto, è una faccenda sempre molto delicata (in quanto contengono dati sensibili e personali su ogni singolo individuo) che va gestita nella maniera più opportuna. Le cartelle cliniche, ovviamente, non fanno eccezione.
Come procedere, allora, con la conservazione delle cartelle cliniche? A tal proposito, si possono suggerire tre soluzioni.
1. Conservazione fisica delle cartelle cliniche
La prima soluzione è anche, per certi versi, la più immediata, in quanto consiste nella conservazione delle cartelle cliniche all’interno di un archivio fisico.
Tenendo sempre ben presente che le cartelle cliniche sono destinate alla conservazione permanente, la realizzazione di un archivio di questo tipo deve prevedere:
- Sistemi di classificazione e registrazione, dove vengono riportate le nuove cartelle cliniche archiviate;
- Contenitori che proteggano le cartelle cliniche dall’azione di agenti esterni come aria, acqua, luce e polvere;
- Spazi adeguatamente organizzati e abbastanza ampi da accogliere un numero (per forza di cose) sempre crescente di cartelle cliniche;
- Misure di sicurezza che prevengano incidenti come incendi o cortocircuiti;
- Personale altamente qualificato e capace di gestire un archivio di tale importanza ed entità.
Sono, a ben vedere, le stesse caratteristiche che dovrebbe avere qualunque archivio cartaceo.
2. Conservazione in microfilmatura delle cartelle cliniche
Per la seconda soluzione, si cita ancora una volta la circolare del Ministero della sanità del 19 dicembre 1986 n. 900:
Si coglie l’occasione, infine, per segnalare che laddove i presidi sanitari trovassero difficoltà nell’allestimento di idonei locali da destinare ad archivio, è consentita la possibilità del ricorso alla microfilmatura sostitutiva di tutta la documentazione sanitaria.
Con la microfilmatura, si realizza, in sostanza, una sorta di “fotografia” delle cartelle cliniche, le quali vengono digitalizzazione e approntate per quella che viene definita come long-term archive, o archiviazione di lungo termine. Per quanto previsto dalla legge, bisogna specificare che questa soluzione, ormai, non è più considerata tra le migliori se si ha intenzione di procedere con la digitalizzazione delle cartelle cliniche.
3. Conservazione digitale delle cartelle cliniche
La digitalizzazione delle cartelle cliniche (così come la digitalizzazione dei documenti sanitari in generale) è una delle eventualità previste e normate dalle “Linee guida per la dematerializzazione della documentazione clinica in diagnostica per immagini – Normativa e prassi”.
Nel caso in cui si decida di optare per la digitalizzazione delle cartelle cliniche, allora bisogna prendere in considerazione la conservazione digitale, ovvero “l’insieme delle attività e dei processi che, tramite l’adozione di regole, procedure e tecnologie, garantiscono l’accessibilità, l’utilizzabilità (leggibilità e intelligibilità), l’autenticità (identificabilità univoca e integrità) e la reperibilità dei documenti e dei fascicoli informatici con i metadati ad essi associati nel medio e nel lungo periodo, in un ambiente tecnologico presumibilmente diverso da quello originario”.
A chi rivolgersi: la conservazione in outsourcing
Tutte e tre le soluzioni per la conservazione delle cartelle cliniche presuppongono competenze, esperienza e l’adozione di specifiche tecnologie. Cosa fare nel caso in cui tutto ciò mancasse internamente alla struttura sanitaria? Basta ricorrere all’outsourcing: