Il falso documentale è stato un problema con il quale gli archivisti si sono dovuti confrontare fin dagli albori della storia degli archivi. Una volta venuta meno la sacralità degli atti pubblici e privati, cristallizzati in forma di documento (tipica dei documenti del periodo storico classico) a sancire l’inviolabilità della verità racchiusa nei testi conservati, è dovuta intervenire la legge.
La lex Cornelia de falsis (anche nota come lex Cornelia testamentaria nummaria o lex testamentis) dell’81 a.C., parte del corpus legislativo silliano, ha rappresentato una pietra miliare nella storia dell’archivistica per la lotta alla falsificazione documentale e uno strumento fondamentale per la garanzia di veridicità delle informazioni conservate negli archivi.
La lex Cornelia de falsis va a inquadrarsi in un processo di sviluppo dell’istituto della poena falsi che parte con l’inquadramento come crimen della falsificazione dei signa apposti sui testamenti e che si conclude con l’estensione della punibilità anche dei falsari di signa apposti su qualsiasi tipo di documento.
Come è facile intuire, l’emanazione di una legge creata ad hoc per contrastare il falso documentale come la lex Cornelia de falsis, non fa che attestare la diffusione e il peso di tale fenomeno nella storia della gestione documentale e degli archivi.
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